Gestione agronomica del vigneto, andamento climatico, scelte vendemmiali e corrette pratiche enologiche sono in buona sintesi gli elementi che determinano in pari misura il livello qualitativo di un vino.

Risulta evidente che, fatta eccezione per l'andamento climatico che non può essere modificato, gli altri fattori sono il risultato di una serie di scelte che potremmo definire "la gestione della qualità".
Dal punto di vista agronomico l'incremento qualitativo si ottiene cercando di abbassare il vigore produttivo della vite, quindi limitando la concimazione e ricorrendo a una potatura invernale molto rigorosa, per ridurre il numero di gemme che nell'annata successiva daranno origine ai tralci uviferi.
Da parecchi anni, fra i viticoltori più attenti alla qualità, si è andata diffondendo la pratica dell'inerbimento nel filare che, creando competizione idrica e nutritiva fra erba e vite, contribuisce in maniera significativa a limitare la produzione; un interessante effetto collaterale dell'inerbimento, in contrapposizione alla lavorazione del terreno mediante zappatura o pratiche analoghe (erpicature e fresature), in particolare per i terreni collinari a forte pendenza, è l'annullamento dei danni da erosione del terreno provocati dalle piogge e un riassesto del terreno che diventa meno sensibile al pericolo delle frane. L'inerbimento contribuisce anche ad aumentare la popolazione di insetti utili e riduce l'incidenza di alcune malattie della vite.
A queste metodiche, applicabili indistintamente a vigneti di ogni età a partire dal quarto anno di vita, si associa una progettazione più attenta della messa a dimora dei nuovi vigneti: all'interno di una stessa varietà di uva è possibile infatti scegliere sotto-varietà con migliori caratteristiche qualitative, che possono essere ulteriormente esaltate in fase di innesto delle barbatelle operando un'oculata scelta del portainnesto. Elemento importante è anche la densità di piantagione: all'aumentare della fittezza di impianto diminuisce proporzionalmente lo sviluppo delle radici in senso orizzontale (perchè ogni vite trova il terreno circostante 'occupato' dalla pianta vicina), ma aumenta la spinta delle radici verso gli strati profondi del terreno che, rispetto agli strati superficiali, sono meno influenzati dalle alternanze di siccità e eccesso di umidità.
L'applicazione combinata di tutti queste metodi agronomici: potatura con basso carico di gemme, concimazione limitata, inerbimento ed elevata fittezza di piantagione dei nuovi vigneti, consentono alla vite di concentrare nella minore produzione di uva un grado zuccherino più elevato e una maggiore complessità aromatica.
Arrivato il momento della vendemmia sarà poi necessario raccogliere l'uva nelle migliori condizioni possibili: dopo aver attentamente sorvegliato le ultime fasi della maturazione si procederà alla raccolta, evitando di raccogliere i grappoli non perfettamente maturi e quelli deteriorati dalla presenza di muffe e marciumi. E' fondamentale in questa fase che gli acini mantengano per quanto possibile la loro integrità: le temperature sovente elevate in periodo di raccolta possono favorire inizi di fermentazioni anomale; nel caso della produzione di vini bianchi la rottura della buccia provoca anche un incupimento del colore del mosto e la produzione di vini con facilità di ossidazione. Una volta portata a termine la raccolta ha inizio la trasformazione dell'uva in vino.
La pigiatura (altrimenti detta ammostamento) puo essere effettuata con una pressa, ottenendo mosto già separato da graspi, vinaccioli (i semi) e vinacce (le bucce) oppure con una diraspa-pigiatrice che opera la sola diraspatura (eliminazione dei graspi) prima di procedere alla pigiatura, lasciando nel mosto vinaccioli e vinaccia.
Questa differente maniera di procedere influenza in maniera determinante le successive fasi della vinificazione, che sarà detta "in bianco" se condotta in assenza delle bucce e "con macerazione" quando vengono mantenute le bucce. In questo secondo caso l'operazione di separazione dalle bucce, eseguita in una fase successiva della lavorazione, viene detta svinatura. La fermentazione con macerazione consente il passaggio al mosto di moltissime sostanze presenti nella buccia, prime fra tutte sostanze coloranti e tannini. I vini rossi vengono ottenuti da fermentazioni con macerazione, mentre per i vini bianchi sono possibili entrambe le vinificazioni, e l'uso di una delle due tecniche dipende dal risultato finale che si intende ottenere, oltre che dalle caratteristiche dell'uva. Le uve bianche più sensibili all'ossidazione devono essere vinificate in bianco, sacrificando però una parte del patrimonio aromatico a favore di una maggiore longevità del prodotto. Il contatto del mosto può durare poche ore o molti giorni, riservando i tempi più brevi ai vini bianchi e i più lunghi ai vini rossi. Per capire quale può essere l'importanza delle bucce durante la fermentazione si pensi al Pinot Nero (che è appunto un'uva nera): se vinificato con macerazione darà origine ad un vino rosso, diversamente si otterrà un vino bianco (moltissimi spumanti sono appunto ottenuti da Pinot Nero vinificato in bianco).
Nel caso della fermentazione con macerazione, appena portata a termine la pigiatura le bucce, più leggere del mosto, iniziano a salire verso la superficie formando nel giro di alcune ore una massa compatta che prende il nome di cappello. Se l'uva pigiata è bianca normalmente si procede alla svinatura (cioè al prelievo del mosto sottostante) alla salita del cappello, per continuare la fermentazione in assenza delle bucce; nel caso dei vini rossi invece il contatto con le bucce prosegue per alcuni giorni (due-tre giorni per i vini leggeri e "di pronta beva" anche più di dieci per alcuni vini che si vogliono molto corposi e ricchi di colore).
Per favorire il contatto fra vinacce e mosto in fermentazione può risultare opportuno praticare il cosiddetto rimontaggio: il mosto viene prelevato dal basso mediante una pompa e riportato sopra il cappello che viene così temporaneamente rotto e rimescolato. Anche se ritenuto erroneamente da qualcuno come causa di fermetazioni anomale, il rimontaggio è una pratica enologica fondamentale per favorire l'ossigenazione del mosto e di conseguenza un ottimo metodo per favorire una fermentazione regolare e per ottenere vini ricchi di colore e di corpo, e particolarmente adatti all'invecchiamento.
La fermentazione alcolica è il processo, noto e sfruttato sin dall'antichità, che trasforma il mosto in vino. Nel corso di questa 'miracolo' avvengono moltissime reazioni chimiche, ma la più affascinante è senza dubbio la trasformazione degli zuccheri dell'uva in alcol.
I nostri antenati non avevano un'idea molto precisa di quali fossero gli agenti responsabili della trasformazione; soltanto a partire dal '700 Spallanzani, Lavoisier e infine Pasteur con i suoi studi di biologia nell'800 seppero fornire la spiegazione del fenomeno.
Oggi sappiamo che i responsabili della fermentazione alcolica sono organismi vegetali unicellulari chiamati fermenti o lieviti che si nutrono e si moltiplicano in una soluzione zuccherina come il mosto, producendo come risultato del loro metabolismo alcool, anidride carbonica e calore.
Quella dei fermenti (scientificamente chiamati saccaromiceti) è una famiglia che conta molte decine di ceppi diversi, (con caratteristiche anche molto differenti fra loro) sempre spontaneamente presenti sulla buccia dell'uva.
Ma la popolazione spontanea sulla buccia è estremamente eterogenea e variabile e la fermentazione può pertanto talvolta avere decorsi anomali, non favorevoli cioè a una vinificazione di qualità. Per tale motivo, è ormai invalso l'uso di ceppi selezionati di Saccharomyces cerevisiae (più noto come lievito di birra) che si è dimostrato uno dei migliori fermentatori.
In piena fermentazione la presenza di fermenti vivi in un millilitro di mosto può raggiungere l'incredibile numero di alcuni milioni, ma col procedere del processo essi cominciano a morire, e quando la turbolenza della fermentazione inizia a diminuire si accumulano sul fondo delle botti formando, insieme ai residui solidi della polpa dell'uva, un deposito denso detto feccia. Questa grande quantità di materia organica se non separata rapidamente dal vino mediante un travaso, tende a degradarsi dando origine a odori sgradevoli che renderebbero il vino inadatto al consumo.
Dopo questo primo travaso il vino appare ancora torbido, ma nel corso dell'inverno,esaurita completamente la fermentazione e con l'aiuto del freddo si farà via via più limpido lasciando sul fondo ancora piccole quantità di feccia che andranno eliminate mediante uno o più travasi.

Per rendere il processo di illimpidimento più completo nel corso dell'inverno si procederà ad effettuare la chiarifica e la filtrazione.

Le parole del vino:

enologia e viticoltura dalla A alla Z


Abboccato

Acidità
Ammostare
Anidride carbonica

Barrique
Botte
Bottiglia
Brillantezza

Cappello
Colore

Diraspare
Degustazione
Disciplinare
Dolce

Esteri
Estratto

Feccia
Fermentazione
Fermo
Filtrazione
Fondo
Frizzante


Giovane

Glicerina
Gradazione

Imbottigliamento
Inerbimento
Invecchiamento

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